Testimonianza di Antonia Favretto la nipote di Carlo Cirillo Diviak, l’autista dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria – Agosto 2015 – Sottomarina di Chioggia
Michele: Antonia raccontami la storia di Carlo Cirillo Diviak, l’autista dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria (1).
Antonia: Carlo Cirillo Diviak aveva fatto un percorso che non era programmato e tutti avevano pensato che fosse stato di sua iniziativa. Qua spiegano che c’è stato un primo attentato con dei feriti (Antonia stà guardando alcuni documenti storici). L’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria aveva fatto deviare il percorso per andare all’ospedale dov’erano ricoverati i feriti del primo attentato e lì ha incontrato la morte. Questa storia l’ha trovata mio figlio su un articolo di giornale americano che poi fece visionare al quotidiano “Il Piccolo” di Trieste (2) per una sucessiva pubblicazione.
I Diviak, Cirillo e mia nonna Toia (Vittoria) abitavano in via dei Fabbri n. 1 e 3 di Trieste (Cirillo e Vittoria erano fratelli). Cirillo aveva fatto anche il lavoro di autista per l’azienda Dreher di Trieste (3) ed era un appassionato di meccanica alle dipendenze di un nobile austriaco. Per la visita dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria a Sarajevo era stato chiesto a questo nobile un autista fidato che parlasse bene il tedesco e questo scelse Carlo Cirillo Diviak.
Cirillo ha sempre fatto il vetturino e mi pare sia morto nel 1968 (giovedì 4 gennaio 1968).
Vorrei poter incontrare i suoi figli che non so dove sono finiti e se sono ancora vivi… … Un giorno sono andata a Montona (Montovun, Croazia) città di origine dei genitori di mia nonna Vittoria e lì ho chiesto notizie dei Diviak. Un ragazzo giovane mi ha indirizzato presso un gruppo di famiglie di nome Diviacchi, ma non conoscevo la loro origine e nemmeno la parentela con i Diviak… Di mio zio Cirillo mi ricordo che aveva una carrozza con un cavallo nero e alcune volte mi portava a fare un giro.
Non ho mai capito perchè mia nonna Vittoria Diviak che proveniva da Montona ha sposato mio nonno che proveniva da Donada e che lavorava in un cantiere navale come maestro d’ascia. Non capisco quando mio nonno è venuto a Trieste… Il papà di mia nonna Vittoria ( e di Cirillo) faceva il commerciante di cavalli. Trafficava con l’Ungheria e la Romania. Forniva e accudiva i cavalli di Rizzani (è probabile si tratti della Rizzani de Eccher). I membri della famiglia di mia nonna si muovevano per lavoro con un carrozzone come quello dei film western e quando raggiungevano i paesi lontani stavano via molti mesi. I figli pertanto nascevano in luoghi differenti, come la sorella di mia nonna Vittoria di nome Olimpia. Non capisco perchè la famiglia si sia di seguito trasferita a vivere a Trieste… … Mi ricordo mia nonna Vittoria quando riprendeva mio nonno Ernesto Finotti e gli diceva che era troppo chiaccherone e che molte persone lo ascoltavano. Era conosciuto come un antifascista e pertanto quando a Trieste vi erano le manifestazioni antifasciste venivano a prenderlo e lo portavano in commissariato con l’accusa di raccogliere le sigarette per terra e dopo la manifestazione lo liberavano. Quando veniva a casa era molto arrabbiato… Mio nonno vestiva con una giacchetta nera, le ghette, i pantaloni a righe e il cappello a bombetta o “mezzanosa”. Sembrava Charlotte (l’attore Charlie Chaplin).
Michele: Antonia hai vissuto la Seconda Guerra Mondiale?
Antonia: Sì, una parte. A Chioggia ci portò mia mamma nel 1941 dopo un bombardamento a Trieste e siamo rimasti qua fino al 1943 per poi ritornarci dopo che mio zio Gagliano ci venne a riprendere. Anche il Pollesine non era più sicuro perchè gli alleati cominciavano a bombardare anche queste zone. Ho vissuto la guerra e l’invasione tedesca. Dove abitavo a Trieste, al piano terra della nostra palazzina vi ci abitava una famiglia di ebrei mentre all’ultimo piano abitava il generale Cozzi che aveva un figlio della Decima Mass e una figlia Ausiliaria Fascista. Mi ricordo che quando sono arrivati i tedeschi hanno catturato la famiglia degli ebrei. Io ero piccola e mi ricordo molto bene quando un tedesco ha gettato a terra con una spinta il capofamiglia ebreo mentre un altro lo prendeva a calci. Io stavo a guardare la scena dalla finestra della mia abitazione e mia mamma mi venne a tirare indietro dalla paura e la chiuse velocemente. Dopo la guerra a Trieste sono arrivati gli Slavi di Tito. C’erano delle donne molto grandi armate che portavano sulle spalle la cintura di proiettili e in mano il mitra. Ache gli slavi hanno fatto una strage… A Trieste c’erano i ciabattini che lavoravano all’ingresso dei palazzi e me ne ricordo uno che aveva un figlio Camicia Nera, una persona inoffensiva. Gli Slavi si sono portati via padre e figlio. Questi sono finiti sulla forca… Quando c’è la guerra ci sono anche le antipatie personali e si fa presto ad accusare una persona. All’epoca erano tutti fascisti perchè chi non lo era non trovava lavoro. Quando eravamo bambini al sabato andavamo alla Casa del Fascio (4). I maschi usavano i “sciopi” (moschetto balilla), mentre le femmine facevano ginnastica. Eravamo tutte in divisa con una gonna blu a pieghe, la camicia bianca, i calzini bianchi e al petto portavamo uno stemma di terracotta molto fragile con scritto Dux. Molte volte mi capitava di rompere lo stemma e mia mamma mi dava “le benedizioni appostoliche” (si arrabbiava molto). Dopo mi hanno fatto lo stemma di stoffa che mia mamma doveva scucire ogni volta che lavava la divisa. Mi ricordo il nome della mia maetra: Debite Regehr. “Deleghe off! Deleghe off!” era l’attenti. Se non andavi a fare ginnastica ti mettevano la nota sul registro.
Michele: Dalle mie parti mia nonna Elvira si ricorda dei bombardamenti degli aerei Pippo (5). Antonia hai qualche ricordo?
Antonia: Dormivamo vestiti e con una borsa accanto per i bisogni primari. Quando suonava il preallarme non potevamo uscire di casa e ci mettevamo nell’attenti al suo ingresso. Quando suonava l’allarme invece ci spostavamo tutti dentro una galleria sotterranea aspettando la fine del bombardamento. A Trieste ce n’erano molte. Spesse volte, quando uscivamo dalle gallerie, vedevamo le case abbattute. Molte volte quando suonava l’allarme le fortezze volanti erano già sopra la città e avevamo molta paura, ma queste non erano dirette su di noi bensì verso la Germania. Le fortezze volanti facevano un fortissimo rumore. Dopo il preallarme aereo non potevamo mica uscire di casa altrimenti ci sparavano. C’era anche il coprifuoco… Per mangiare avevamo le tessere annonarie dove c’era a disposizione un etto e mezzo di pane al giorno che poi diventò un etto. Noi ragazzine come potevamo crescere con queste razioni? Era tutto limitato. Un pò di olio e zucchero. Possedere un uovo era una conquista e quando c’era lo dividevamo tra sorelle. Il significato di guerra è paura e fame. Nell’entroterra di Chioggia a quel tempo potevano vivere con qualche prodotto della terra, ma nella città di Trieste dovevi barattare il cibo… … A scuola con me c’erano due bambine molto ricche che raggiungevano l’istituto con l’autista, di origine ebreica si chiamavano Volf Vanea e Eleri Elodia. Eravamo in quinta elementare e a Trieste si iniziava a sentire parlare parlare degli ebrei. Quando è finita la guerra ho fatto una ricerca sui miei ex compagni di classe e ne ho trovati alcuni, ma queste due no. Molti degli ebrei che vivevano a Trieste non credevano nella deportazione e molti altri invece attendevano la fine della guerra e quindi la fine di tutte le ostilità. Mia mamma diceva sempre che un tedesco da solo è inoffensivo, ma due sono molto pericolosi. Non dovevamo fidarci perchè sono sempre stati nostri nemici e non ci tenevano in considerazione. Per loro siamo sempre stati “carne da cannone”… … Treiste sotto l’Austria era una grande città e gli ebrei erano dei ricchi commercianti. Se tu vai a Ponterosso e dai le spalle al mare, sulla sinistra vedi ancora i palazzi ebrei. Con gli austriaci a Trieste, una città con lo sbocco sul mare, non si pagava il dazio. Con Maria Teresa d’Austria, Trieste fu la prima città d’Europa ad istituire l’obbligo delle scuole. Il Borgo Teresiano di Trieste rispecchia Vienna con le case e le finestre alte ornate da statue. Ci sono palazzi bellissimi che la guerra ha risparmiato. Quando ero giovane la città era fiorente, ma aveva anche una cosa brutta, il campo di sterminio della Riviera di San Sabba, con il forno crematorio (6). C’era la banda Koch. Alla fine della guerra Il forno crematorio lo hanno fatto saltare ma è rimasto qualcosa. In quel luogo sono stati uccisi molti ebrei, ma per la maggiore slavi e zingari.
Michele: Gli Slavi si sono vendicati con le Foibe? (7)
Antonia: Si. Si sono vendicati. Nelle Foibe sono finiti molti proprietari terrieri…
…Nella guerra non c’è giustizia e dalle persone escono i peggiori istinti, anche da quelle più miti. Quando a Trieste c’erano i tedeschi la vita era grama (povera), c’era molta sorveglianza, il coprifuoco e non potevi esprimerti. Oggi tutti dicono quello che vogliono e possono parlare tranquillamente senza che nessuno gli faccia del male, ma una volta i giornali e la radio scrivevano e trasmettevano tutto quello che gli veniva dettato dalle istituzioni.
Michele: L’odio verso gli ebrei è stato portato anche con la propaganda antisemita (8). Antonia cosa ne pensi?
Antonia: A volte utilizzavamo la frase: “Sei peggio di un ebreo”. L’ebreo non è mai stato ben visto da nessuno ed è stato scacciato da tutte le parti. Le persone ebree possono avere origini differenti, italiane, tedesche, ma ciò che le accomuna, le condiziona e detta le regole di vita è la religione ebraica… … L’Istria e la Dalmazia sono posti molto belli, ma lì i tedeschi hanno fatto molte stragi. A Kantrida di Fiume (Rieka) abitavano molti dei miei parenti e le persone vivevano nel terrore. La terra istriana viveva di marineria, di uomini di mare, nostromi e capitani. Mio papà lavorava come cambusiere nelle navi. Ha fatto l’attraversata dell’oceano Atlantico con il trasatlantico Rex (9) e col Bisna. Mio padre contribuì, nel 1934/ 35 a trasportare in Irlaele i primi ebrei, più furbi e più ricchi che avevano capito che sarebbero primo o dopo morti. In Germania già nel 1932 era iniziata la propaganda contro di loro. Mio padre diceva che gli ebrei avevano i “pidocchi con la croce”. Pensati. Gli ebrei non sono mai stati ben accolti… A Trieste come a Venezia c’era il Ghetto Ebraico. Gli ebrei sono sempre stati emarginati…
Didascalia:
(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato_di_Sarajevo
(2) https://it.wikipedia.org/wiki/Il_Piccolo
(3) https://it.wikipedia.org/wiki/Dreher
(4) https://it.wikipedia.org/wiki/Sabato_fascista
(5) https://it.wikipedia.org/wiki/Pippo_(aereo)
(6) http://www.risierasansabba.it/
(7) https://it.wikipedia.org/wiki/Massacri_delle_foibe
(8) https://it.wikipedia.org/wiki/Propaganda_nella_Germania_nazista
(9) https://it.wikipedia.org/wiki/Rex_(transatlantico)
La testimonianza di Antonia Favretto è avvenuta nell’Agosto del 2015 presso la sua abitazione a Sottomarina di Chioggia. Alcuni parti dispersive dell’intervista sono state tagliate. I ritagli di giornale e le foto provengono da Antonia che gentilmente mi ha fotocopiato.
Buonasera, ho letto con interesse l’articolo, a cui sono arrivato cercando il nome di Carlo Diviak che avevo trovato in un articolo de Il Piccolo del 2014. Potrei avere delle vaghe notizie in merito alla famiglia di Carlo Diviak, notizie che sto cercando anch’io di verificare; è possibile sentirsi via e-mail? Ho lasciato il mio indirizzo inserendo questo commento. Grazie.
Buonasera, mi ha fatto piacere leggere il suo commento. Mi contatti pure e spero di esserle di aiuto.
Buonasera, beh allora la storia è questa:
quando ero bambino, diciamo circa 30 anni fa, mio padre mi raccontò che in qualche modo eravamo imparentati con l’autista di Francesco Ferdinando all’epoca dei fatti di Sarajevo, autista di cui però non sapevamo il nome (o almeno non ricordo che all’epoca mio padre me lo avesse detto). Mi disse che qualcuno che era in qualche modo legato alla nostra famiglia da non so quale grado di parentela, probabilmente aveva ancora un orologio regalato da Francesco Giuseppe all’autista di Francesco Ferdinando, con inciso il nome di Francesco Giuseppe, quale ringraziamento per aver cercato di salvare la vita a Francesco Ferdinando durante l’attentato. Ricordo di aver riascoltato la storia da mio padre quando da ragazzo sono stato al museo di storia militare di Vienna dove è esposta l’auto dell’attentato ed i vestiti ancora macchiati di sangue. Tuttavia ho più o meno sempre considerato la storia una specie di leggenda di famiglia, non so con quanto fondo di verità. In effetti all’epoca non c’era internet e non avevo modo di verificare la cosa. Poi alcuni anni fa, con delle ricerche su internet mi imbatto nei nomi di Franz Urban (fantomatico autista di Franz Ferdinand e mai esistito) e Leopold Lojka, che tuttora viene accreditato come essere il vero autista di Franz Ferdinand durante l’attentato. Esiste in effetti anche una voce su wikipedia in proposito: https://en.wikipedia.org/wiki/Leopold_Lojka. A quanto risulta scritto lì (e altrove), le prove che l’autista di Franz Ferdinand sia stato Leopold Lojka (e non Carlo Diviak) risultano abbastanza convincenti dato che si parla di alcuni telegrammi spediti da lui dopo l’attentato e della sua testimonianza al processo seguente all’attentato. In nessun luogo o quasi trovo citato Carlo Diviak. Tuttavia recentemente, parlando con mio padre della storia, lui mi segnala di aver letto un articolo su Il Piccolo, uscito per il centenario dell’attentato (dunque nel 2014) in cui si parla di questo nostro “parente”. Approfondisco la cosa parlandone con lui, qualche settimana fa e viene fuori che questo “Carlo” di cui lui non ricorda il cognome, era un cugino di suo nonno (e mio bisnonno) Antonio Flego. Cerco informazioni sull’articolo de Il Piccolo in questione e mi imbatto nella storia di Carlo Cirillo Diviak e poi in questa stessa intervista alla Sig.ra Favretto. Mio padre mi conferma di aver incontrato “Carlo” quando era bambino all’inizio degli anni ’60 e di aver visto il famoso orologio dono di Franz Josef. Orologio che, credo, viene citato nell’articolo de Il Piccolo del 1968 riportato parzialmente nell’immagine qui sopra a corredo dell’intervista. Si legge infatti “… per lui, quel premio, un caro ricordo che ha conservato fino all’ultimo a fianco dell’orologio d’oro che l’arciduca Ferdinando volle regalargli qualche tempo prima del tragico giorno di giugno.” L’immagine qui sopra è tagliata e quindi non so di preciso a quale premio si faccia riferimento, ma mi viene spontaneo pensare ad un altro orologio, regalatogli appunto come premio da Francesco Giuseppe. Tornando alla parentela, è evidente che se mio bisnonno Antonio Flego era veramente cugino di Carlo Diviak, visti i cognomi diversi, significa che suo padre (e mio trisnonno) aveva una sorella (che quindi faceva di cognome Flego) che avrebbe sposato un Diviak che sarebbe poi stato il padre di Carlo Cirillo e di Vittoria (la nonna della Sig.ra Favretto). In pratica la madre di Carlo e Vittoria sarebbe stata la sorella del mio trisnonno; di fatto io e la Sig.ra Favretto condivideremmo gli stessi quadrisavoli, cioè i nonni di Carlo e Vittoria Diviak. A possibile supporto della cosa, la famiglia di mio bisnonno Antonio aveva dei terreni e credo almeno una casa a Montona d’Istria, come la famiglia Diviak stando a quanto riporta la Sig.ra Favretto; mia nonna stessa è nata lì, anche se poi la sua famiglia viveva principalmente a Trieste. Inoltre a leggere l’articolo de Il Piccolo del 1968 Diviak è morto nel 1968 a 77 anni. Dunque sarebbe nato nel 1891, come mio bisnonno; il che rende la parentela “compatibile” dal punto di vista delle date. Probabilmente bisognerebbe verificare nei registri di battesimo e matrimoni della diocesi di Capodistria (immagino Montona ne facesse parte) se queste parentele sono confermate: cioè se la madre di Carlo e Vittoria era una Flego e se questa aveva un fratello che poi ha avuto un figlio di nome Antonio nel 1891. In questo caso, avremmo fatto centro nel ricostruire la parentela. Dato che sto facendo ricerche genealogiche sulla mia famiglia, non escludo prima o poi di riuscire a verificare la cosa. Veniamo però ora alla veridicità della storia dell’autista. Carlo Cirillo Diviak era veramente l’autista di Franz Ferdinand a Sarajevo? Con tutta la più buona volontà, nutro qualche dubbio; i dati che puntano su Leopold Lojka sono convincenti e temporalmente molto più vicini agli eventi (si parla degli anni ’20 del 1900), mentre la storia di Diviak sembra venga scoperta per la prima volta da Il Piccolo appena nel 1964. Nell’articolo di cui si vede un’immagine qui sopra, del 1967, dicono di Diviak “Lo aveva scoperto il Piccolo tre anni fa”. Possibile che abbia tenuto questa storia per sè per 50 anni? Ci sarebbe un modo forse di verificare la veridicità della storia: l’orologio. Esiste? Nell’articolo se ne parla. Mio padre dice di averlo visto ma all’epoca aveva più o meno 12 anni. Se esiste, posso supporre che sia rimasto nelle mani dei discendenti di Diviak. Possibile che sia stato tenuto “nascosto” un simile reperto storico che peraltro riscriverebbe letteralmente la storia nota dell’attentato scalzando o almeno ridimensionando il ruolo di Leopold Lojka? Dovremmo chiederlo ai discendenti. Non ho la certezza che ce ne siano. Ma. Sempre cercando il nome di Diviak su internet, mi sono imbattuto in un necrologio pubblicato su Il Piccolo il 4 gennaio 2003. Il necrologio di Carletto Diviak, di anni 89, di Trieste. L’età è compatibile, sarebbe nato nel 1924 e quindi avrebbe potuto essere il figlio di Carlo. Anche perchè il nome Carletto mi fa supporre che ci fosse un Carlo più grande, il padre. Il necrologio è firmato dal figlio Gianfranco e dalla sorella Clara. Potrebbero essere parenti del “nostro” Carlo Cirillo Diviak? Non lo so, ma potrebbe essere. Ammesso che siano ancora vivi visto che il necrologio è comunque di 15 anni fa, sarebbe interessante contattarli; ammesso anche che vogliano essere contattati. Potremmo scoprire forse un nuovo pezzo della storia: sicuramente della storia della famiglia della Sig.ra Favretto, forse della mia famiglia e forse anche un pezzettino di Storia. Nel caso, spero Lei abbia modo di riportare questo mio pezzo di storia alla Sig.ra Favretto ed ai suoi familiari, magari potrebbe far loro piacere.
Anch’io sono un appassionato di genealogia. Principalmente utlizzo Myheritage e FamilySearch. Su Myheritage ho inserito l’albero incompleto di Antonia Favretto per cercare un giorno qualche appassionato come me che potesse continuare l’albero genealogico della sua famiglia. Su Myheritage mi trovi sotto questo profilo: https://www.myheritage.it/member-496356471_233228781/michele-venturato. Per quanto riguarda la tua richiesta, invierò questa mail ad Antonia che magari può ricordare qualche nome. Se ho notizie in merito te lo comunicherò.
Salve e innanzitutto Buona Pasqua!
Anch’io sono iscritto da qualche mese a MyHeritage, Ancestry e utilizzo FamilySearch. Proprio ieri mentre cercavo notizie sui miei familiari, mi sono imbattuto nel nome di Vittoria Diviak. Non so se l’avevi già visto ma nel caso ti segnalo dove trovarlo: su FamilySearch, nel registro dei matrimoni di Sant’Antonio Taumaturgo di Trieste (1885-1910), a pagina 265-266 di 602 trovi la registrazione del matrimonio di Vittoria Diviak, con il nome del marito e dei genitori. Anche l’indirizzo corrisponde, quindi immagino sia proprio lei. Peccato (per me e la mia ipotesi) che non corrisponda il nome della madre, che mi aspettavo essere Flego se fosse vera la storia che mio bisnonno Antonio Flego era cugino di Carlo Diviak. Ma la parentela potrebbe essere diversa, dovrei verificare se la nonna di Carlo e Vittoria non potesse essere lei a fare di cognome Flego. Se avrò occasione, indagherò su questo punto. Se vuoi che ti mandi direttamente l’immagine jpg dell’atto di matrimonio di Vittoria Diviak o in ogni caso se posso esserti d’aiuto, scrivimi pure su corrado.sinigoi at gmail punto com. Buona serata e ancora Buona Pasqua!
Buona Pasqua anche a te. Ho provato a cercare il documento su Family Search ma non riesco a trovarlo. Riesci a darmi il link diretto? Oppure l’immagine jpg. Ho dato un occhiata al tuo albero genealogico. Speriamo di trovare il legame corretto.
Ciao, non riesco a metterti il link qui perché non riesco a fare copia – incolla, è un link lunghissimo e non è possibile inserirlo nei commenti qui. Idem per l’immagine, non riesco ad inserirla nel commento. Se mi mandi il tuo indirizzo mail, ti mando sia l’immagine che il link. Fra l’altro ho anche trovato nei registri un altro parente (credo) di Vittoria Diviak: un certo Cirillo Giuseppe Divjak (scritto con la j). Immagino siano parenti perché l’indirizzo è sempre via dei fabbri e c’è scritto che è originario di Montona. Se mi mandi una mail, ti mando tutto. Il mio indirizzo mail è nel commento qui sopra. Ciao!