Elvira Tronchin – Testimonianza del 02 dicembre 2017 – Croce di Musile di Piave (VE)
Elvira: Ho sempre lavorato come badante in servizio presso i Signori e il mio primo lavoro fu quello di (baby sitter) a una bambina di due anni e mezzo figlia di un dentista di Venezia, con sede in prossimità del ponte delle Guglie. Qui imparai a fare anche altri mestieri tra i quali quello di accogliere i clienti nello studio dentistico. I clienti erano contenti di me e mi davano tante mance che il dentista metteva da parte e consegnava a mio padre ogni sabato. Lui veniva apposta a prenderle in bicicletta da Fossalta di Piave. Ho dovuto lasciare questo lavoro dopo tre anni con molto dispiacere da parte del mio datore di lavoro perchè le “arie non mi conferivano” (provavo un malessere dovuto all’aria che respiravo nella città di Venezia). I miei Signori mi consideravano come una figlia. Successivamente andai a servire a Milano (1) su consiglio di una mia cugina e li rimasi a lavorare per altri tre anni fin che i miei Signori si trasferirono all’estero e mia madre non volle più mandarmi distante.
I Signori mi fecero allora un foglio di buona condotta e trovai lavoro presso due coniugi a Ravenna i quali avevano un figlio disabile. Lì rimasi a lavorare fin che dovetti tornare a casa in seguito alla morte di mia mamma nel 1939. Nel frattempo conobbi Angelo Venturato, il mio futuro marito, quando veniva a trovare in licenza sua sorella Maria moglie di mio cugino Giovanni Tronchin. Quando vidi Angelo per la prima volta avevo 13 anni e lui 17. Aveva appena terminato gli studi per diventare carabiniere presso l’accademia di Torino e si era invaghito di me ma su consiglio di sua sorella Maria aspettò l’età giusta per proporsi. Lui era molto sveglio e invece io ero molto cruda. Abbiamo cominciato a conoscersi meglio comunicando tra di noi con delle cartoline. Io avevo imparato a leggere e scrivere a Santa Lucia di Piave e li avevo conseguito la quarta elementare. Sono nata a Pianzano di Godega di Sant’Urbano (26 novembre 1921), paese di origine dei miei genitori, ci siamo trasferiti a Santa Lucia di Piave per poi venire ad abitare a Capo d’Argine (sotto il Comune di Fossalta di Piave) quando avevo tredici anni (il 27 nov 1933). Ci siamo trasferiti con un carro trainato dai buoi, non come avviene fortunatamente oggi con i camion. Questi non c’erano. A Fossalta eravamo sotto un padrone di origine friulana e coltivavamo una campagna di cinquanta campi di terra. La nuova abitazione era stata costruita sopra le rovine della villa della Contessa Prina (2), che durante il primo conflitto mondiale venne rasa al suolo. Vicino a casa vi erano ancora presenti alcune rovine tra le quali le vecchie colonne dell’immobile. La nostra casa era molto grande e noi eravamo in molti ad abitarci, i miei genitori con cinque figlie e un bambino morto prematuro (3) e i miei zii rispettivamente con quattro, nove e tre figli ciascuno. Assieme a noi viveva anche nonna Vittoria (Castellato) la mamma di mio papà originaria di Preganziol. Mio nonno invece era un friulano.
Michele: Cosa ti ricordi di tuo padre? Quando ha fatto la prima guerra mondiale era un Ardito?
Elvira: Era un Alpino Ardito ed era rimasto ferito in un combattimento Durante la degenza presso l’ospedale gli venne diagnosticata l’ulcera che non si fece mai più curare perchè era rimasto colpito dal metodo di cura utilizzato in guerra. Mio padre morì nel 1947 (1945) dopo una battuta di pesca presso le valli della laguna di Venezia mentre era in compagnia del suo amico Pietro Zugno. Dopo il forte malore dovuto all’ulcera, venne soccorso da due coniugi che abitavano in una baracca li vicino i quali non sapendo cosa potesse avere lo aiutarono con una miscela di caffè e grappa. Venne trasportato a casa con un carretto trainato da una bicicletta e trasportato presso l’ospedale provvisorio di Villa Ancillotto a San Donà di Piave. Il vecchio ospedale aveva subito un bombardamento aereo da parte degli anglo-americani ed era in disuso (4).
Michele: Come hai vissuto la seconda guerra mondiale?
Elvira: Mi trovavo a casa mentre gli aerei americani Pippo bombardavano la stazione del treno di Fossalta di Piave che si trovava a circa cinquecento metri dalla mia abitazione. Mamma mia quante bombe e quanta paura!. Nessuno ci avvertiva del loro arrivo e quando accadeva e cominciavano il bombardamento scappavamo tutti nei bunker costruiti in mezzo alla campagna. Durante la notte non potevamo accendere nessun lume di candela altrimenti gli aerei colpivano il bersaglio. Qua vicino, lungo Via Casera (Croce di Musile di Piave) cadde una bomba che fece un enorme buco e alzò la terra quanto la grandezza di un pagliaio. Non ci furono morti ma tanta paura. Gli aerei americani, i pippo, quando passavano facevano un rumore forte e sordo perchè erano carichi di bombe e mi ricordo l’impressionante rumore degli aerei che uno dietro all’altro passarono sopra la nostra testa per andare a bombardare la città di Treviso (5).
Michele: All’epoca c’erano dei fascisti o delle persone di spicco che frequentavano la nostra zona?
Elvira: Sì. I fascisti passavano per le case in cerca di ragazze e ragazzi. A casa nostra quando mia nonna sapeva del loro arrivo ci faceva nascondere per bene e durante la loro visita ad aspettarli c’era solo lei, povera e vecchia. Ci sono stati dei casi qui vicino in cui i fascisti fecero del male alle persone.
Michele: Mio nonno Angelo Venturato ha fatto la guerra?
Elvira: Sì. Ha combattuto in Grecia con gli Alpini della divisione Julia. Lì incontrò mio cugino Giovanni Tronchin dopo che la sua futura moglie Maria Venturato, nonché sorella di Angelo, si era accorta dalla lettura della corrispondenza che entrambi erano vicini di reparto. Angelo non rimase molto tempo in Grecia poichè mangiò una scatoletta di cibo avariato e pertanto venne trasferito con una nave presso l’ospedale di Firenze. Non tornò al fronte ma venne inviato a Moso in Val Passiria per controllare la frontiera dell’Italia. Dopo l’otto settembre 1943 venne arrestato dai tedeschi e condotto in un campo di prigionia a Bolzano per poi essere trasferito in prigione a Verona. Lo andai a trovare con mio cognato Primo detto Martin, il più vecchio dei suoi fratelli e ho avuto modo di parlarci. Era vestito con una divisa a righe da prigioniero. Dopo la guerra Angelo prosegui il suo lavoro di Carabiniere appuntato presso la città di Venezia.
Michele: Mi racconti come si viveva una volta. La vita di tutti i giorni come si svolgeva e cosa mangiavate?
Elvira: Quando una donna doveva partorire e aveva bisogno di energie gli si dava da bere brodo di gallina e, poiché non esisteva il frigorifero, si conservava la carne dell’animale dentro un cesto posizionato nell’imboccatura del pozzo dell’acqua. La famiglia era composta da molte persone da sfamare. Mangiavamo tanti fagioli, il bacalà (stoccafisso), il scoppetton (sardina) e la renga (aringa) arrostita sopra la brace e servita su un piatto tagliata con qualche filetto di olio, limone o aceto. Non mancavano mai le uova delle galline e il formaggio che producevamo noi con il latte delle nostre mucche. Con la panna del latte facevamo il butiro (burro). Tenevamo anche il maiale per fare i salami e per sfamare la nostra famiglia di trenta persone. Mangiavamo quattro spaghi (salami) per volta, due fettine di salame a testa accompagnate dalla polenta che non mancava mai. Facevamo tre paioli di polenta al giorno.
Michele: Dopo il matrimonio con Angelo Venturato ti sei trasferita ad abitare in questa casa a Croce di Musile di Piave. Ti sei poi trasferita a Millepertiche mi pare?
Elvira: Sì. In questa casa a Croce eravamo in trentatre persone e con soli diciasette campi di terra coltivabile non potevamo vivere tutti quanti, pertanto abbiamo messo l’abitazione in affitto per cinque anni alla famiglia dei Gabrieli. Siamo andati a vivere a Millepertiche lungo via Bellesine, assieme ai Cadamuro e con settanta campi di terra coltivabile. Passati i cinque anni la famiglia dei Gabrieli si era trasferita in Piemonte e noi siamo ritornati in questa casa divisi. Alcuni fratelli di Angelo rimasero a Millepertiche mentre Angelo, Domenico e Sante vennero qui. Appena sposata non avevamo posto nella casa e poiché i primi cugini di Angelo, Giuseppe e Mario Venturato erano ancora prigionieri in Germania i loro genitori Luigi e Maria Teresa Pontello ci diedero provvisoriamente una stanza per dormire. Quando i prigionieri tornarono io e Angelo ci trasferimmo in una baracca di legno costruita accanto alla nostra casa.
Prima di trasferirci a Millepertiche poichè eravamo in tante persone ci aiutavamo, sopratutto durante la mietitura e trebbiatura del frumento che veniva fatta a mano. Sono stati degli anni brutti e di duro lavoro. Non tornerei più indietro! Zappare a mano! Piantare con il badile un granello di mais ogni trenta centimetri per intere estensioni di campi e seguire tutti i vaneroni (file di piante di grano). Non abbiamo mai piantato angurie e non c’era la soia. Piantavamo le bietole e dovevamo sciàridarle in ginocchio (togliere le piante in eccesso) dalla mattina alla sera per poi toglierle con il picco quando erano mature e pronte per essere trasportate allo zuccherificio di Ceggia. Preferirei morire piuttosto di tornare a quegli anni di lavoro. Il grano del mais lo portavamo, quando era necessario, al mulino dietro la stazione del treno di Fossalta per fare la farina dela polenta, mentre con la farina di frumento facevamo il pane e il forno si trovava presso la famiglia degli Amadio. Per bere avevamo due pozzi, uno dei due era dedicato alle bestie. L’acqua era molto buona e la si beveva senza farla bollire.
Michele: Cosa ti ricordi dell’alluvione del 1966?
Elvira: L’acqua arrivò a casa nostra facendo un forte rumore e piano piano ci coprì per quasi due metri d’altezza. Avevo una caponera di pitussi (una gabbia di pulcini) ormai pronti da ammazzare e si annegarono tutti. Non avevamo modo di scaldarci e ci portavano da mangiare con l’elicottero. Eravamo in casa solo io e Angelo perchè tuo padre Giuliano Venturato e tuo zio Renzo erano in servizio di leva. L’acqua durò quaranta giorni. Le mucche in stalla le avevamo rialzate da terra con i dei fasci di tralci di vite potati, ma alcune di esse le avevamo portate nel fienile. I maiale nuotavano nell’acqua e poi venivano recuperati con le barche. Signore Benedetto! Che brutta roba! Con le barche ci portavano le candele per illuminarci durante la notte mentre se qualcuno stava male lo recuperavano con gli anfibi dalla finestra del secondo piano e lo portavano negli alberghi a Jesolo. Questo episodio fu utile per le figlie di Domenico Venturato fratello di Angelo. Dopo l’alluvione abbiamo lavorato per tanti giorni a togliere il fango. Quanto lavoro!
Didaslalia:
(1) Via Mario Giuriati n. 16 Milano presso l’abitazione di Dafne Magnini madre di Carlo Albertazzi entrambi ritratti nella foto sottostante.
(2) Ex villa Giovanni Da Lezze conte di Croce poi di Bonacossi Elena di Alessandro di Breganze maritata Prina.
(3) Luigi Tronchin, di Giovanni e Vittoria Castellato, n. 20/10/1894 a Preganziol e m. 09/12/1945 a Fossalta di Piave, sposato con Angela Zuanet, di Antonio e Anna Zanchetta, n. 02/10/1895 a Godega di Sant’Urbano e m. 29/07/1941 a Fossalta di Piave. Figli: Giselda n. 20/05/1920 a Godega di Sant’Urbano e m… sposata con Amedeo Natali; Elvira n. 26/11/1921 a Godega di Sant’Urbano sposata con Angelo Venturato; Antonio n. 1922 m. 1925; Anna Elsa n. 09/02/1926 a Godega di Sant’Urbano sposata con Mariano Scomparin; Letizia n. 09/071928 a Godega di Sant’Urbano sposata con Janardino Granzotto; Elena n. 09/08/1930 a Godega di Sant’Urbano sposata con Gino Boraso. Dopo la morte di Angela Zuanet, Luigi Tronchin si è sposato in seconde nozze con Giovanna Nespolo, di Francesco e Giuseppa Rossetto, n. 23/09/1899 a Mansuè (Fonte: Anagrafe Comune di Fossalta di Piave).
(4) Il primo ospedale di San Donà di Piave venne innaugurato il 10 dicembre 1913 ed era collocato in Viale Regina Margherita oggi Viale Libertà. Demolito durante il primo conflitto mondiale venne ricostruito sullo stesso posto e innaugurato l’11 dicembre 1921. Dopo il bombardamento aereo anglo-americano durante il secondo conflitto mondiale venne trasferito provvisoriamente presso l’abitazione del famoso aviatore italiano Giannino Ancillotto, medaglia d’oro al valor militare. Successivamente venne ricostruito nell’attuale sede di Via Nazzario Sauro e innaugurato Il 6 gennaio 1953.
(5) Bombardamento aereo di Treviso: https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamento_di_Treviso
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